T. Tsuneo, Il gatto e la libellula, Artebambini
Tradurre questo racconto per l’infanzia è stata un’esperienza sorprendente. Spesso sento storcere il naso di fronte alla letteratura per ragazzi, quasi come fosse di secondaria importanza, perché si pensa che i piccoli lettori siano, appunto, “piccoli”. Io stessa all’epoca commisi l’errore di molti quando mi fu proposto questo racconto dal giapponese, all’epoca seconda lingua che stavo studiando all’università: “che vuoi che sia, è SOLO un racconto per bambini!”. Saper equilibrare fantasia, creatività e musicalità al rispetto del testo originale cela non poche insidie. Può succedere che anche in quello che appare come il più semplice dei testi ci sia una frase, una parola, un modo di dire, un gioco di parole che ti chiede giorni e giorni di riflessioni. A me bastò molto meno per insegnarmi a non banalizzare mai un testo. Oggi quando mi propongono di tradurre la “semplice” tagline di una campagna pubblicitaria, o uno slogan all’interno di un sito web, so bene che potrei passare la notte in bianco prima di trovare delle proposte adeguate. Spesso i più difficili sono proprio i testi brevi. All’epoca ci pensò un ideofono a farmi “abbassare la cresta”. Quella che mi apparve come una parola indecifrabile, nemmeno con l’aiuto del contesto grafico, si rivelò essere il nostro famoso ZZZZZZ, in questo caso riferito al ronzio della cara libellula. Riuscii a trarmi d’impaccio solo chiedendo aiuto a un madrelingua. Fu un’esperienza importante non soltanto perché fu un terreno nuovo su cui mi avventurai, e un grande memento dei miei limiti. Fu importante per farmi comprendere il ruolo vitale della rete tra colleghi, del confronto, dell’umiltà e dell’aiuto. C’è sempre qualcosa da imparare.